Richiesta di assistenza

Richiesta di assistenza alla persona,

di Miriam Massari

Roma 5 ottobre 1994

OGGETTO: RICHIESTA DI ASSISTENZA ALLA PERSONA COME
“CHIAVE PER UNA VITA INDIPENDENTE”.
 

 

 

 


Introduzione:

“Quelli di noi che hanno disabilità gravi vedono nei servizi di ASSISTENZA PERSONALE un loro diritto.
E questo a prescindere dall’approvazione di una legge che sancisca il diritto all’ASSISTENZA PERSONALE.
Stiamo chiedendo che questi servizi vengano erogati a spese del governo.
Il SERVIZIO DI ASSISTENZA PERSONALE, inoltre deve essere disponibile per 7 giorni la settimana, per 24 ore al giorno, DEVE ESSERE FORNITO SOTTO LA NOSTRA DIREZIONE e deve essere considerato alla stregua di un supporto che permette a quelli di noi che hanno limitazioni fisiche di supplire a queste limitazioni.””LE NOSTRE DISABILITA’ NON SONO IL NOSTRO HANDICAP, il nostro handicap è rappresentato dalla mancanza di un SERVIZIO DI ASSISTENZA ALLA PERSONA e dalla presenza delle barriere che la società ha creato.” (*)

– Judith Heumann, fondatrice del WID (World International on Disability) e responsabile del Dipartimento Educazione degli Stati Uniti d’America –

 

(*) Le citazioni di questa RICHIESTA DI SERVIZIO DI ASSISTENZA PERSONALE si trovano nella rivista A.I.A.S. – nov.’89 – che, con un numero monografico, si occupò del convegno “Assistenza personale come chiave per una Vita Indipendente”, voluto e organizzato a Roma dall’allora Pr.ssa Dr.ssa Teresa Selli Serra che, per prima in Italia, introdusse la filosofia di Enil – European Network on Independent Living – Rete Europea per la Vita Indipendente delle persone con disabilità.

NOTA: Nel 1986, il dr. Raffaello Belli – Cultore dei diritti delle persone con disabilità (Cnr FI) e Consigliere alla pari di Enil Europa – per primo in Italia imperniò la sua tesi di laurea sulla Vita Indipendente delle persone con disabilità.

 


Intestazione Egr. sig. Sindaco Francesco Rutelli

e p.c. al Consiglio Comunale

Al Presidente Regione Lazio

e p.c. al Consiglio regionale

Egr. Assessore Servizio alla Persona Amedeo Piva

Egr. dr. Fausto Giancaterina, Uff. Handicappati adulti

e p.c. al Ministro per famiglia e la solidarietà Antonio Guidi

Loro sedi

OGGETTO: RICHIESTA DI ASSISTENZA PERSONALE QUALE CHIAVE PER UNA VITA INDIPENDENTE.

 


PREAMBOLO.

La Costituzione della Repubblica Italiana, all’art. 2 dice:

 

“La Repubblica riconosce e garantisce i DIRITTI INVIOLABILI della persona umana, sia come singola sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

Per cui:

 

“Bisogna chiedere alle persone con disabilità quali sono le cose che da sole non possono fare a causa della disabilità.
E le persone con disabilità non devono nascondere quali siano TUTTI i loro bisogni.”

Così dice Judith Heumann, una delle fondatrici del Movimento per la Vita Indipendente, che nacque in California, verso la fine degli anni ’70, grazie ad un gruppo di giovani studenti e studentesse con disabilità che riuscirono ad ottenere l’ASSISTENZA PERSONALE presso un domicilio scelto, al posto di un forzato “ricovero” in un’ala dell’ospedale nei pressi del campus universitario di Berkley e di un’assistenza non liberamente scelta.

Così sostiene ENIL e così sostengo io da alcuni anni dalle pagine dei giornali, dalle trasmissioni cui ho partecipato – sia in radio che in Tv – nei convegni e ovunque sia stata invitata a parlare contro l’handicap e a favore della libertà per chi, non potendo fare da sé, abbia perduto la propria indipendenza.

NON CHIEDERE CIO’ CHE OCCORRE, per molte persone con o senza disabilità, vuol dire “essere realistici”.
Secondo il mio punto di vista, essere realistici vuol dire valutare la spesa che occorre a chi ci tiene in custodia per:

1) corsi di formazione professionale e specializzazioni non necessarie all’handicap fisico,
2) stipendi a figure come a) l’assistente sociale, b) lo/la psicologa, c) i dirigenti la cooperativa di servizio e tutti d) i quadri intermedi.

E, essere realistici, vuol dire anche chiedere che questi soldi vengano spesi per la nostra INDIPENDENZA, per pagare direttamente il personale scelto e le loro assicurazioni.

Poiché NOI SIAMO CAPACI E NON ABBIAMO BISOGNO DI ESSERE GESTITI da altri.

A nessuna persona CON disabilità si dovrebbe imporre quel che normalmente non si impone alle persone SENZA disabilità.

Oggi il Movimento di liberazione delle persone con disabilità conta circa 200 agenzie negli U.S.A, una trentina in Europa. Si sta diffondendo in tutto il mondo, dal Giappone al Sudafrica e, dal ’90, è approdato anche in Italia.

Per questo motivo la CEE, nel suo programma di azione in favore delle persone con disabilità (Helios), indica la VITA INDIPENDENTE tra le sue strategie prioritarie.

L’ONU il 1992 ha visto passare la questione handicap dalla Commissione Affari Sociali a quella per i DIRITTI UMANI e sollecita le organizzazioni composte da e per le persone con disabilità come ENIL Italia, a rivendicare AUTODETERMINAZIONE per le persone che non possono fare da sé e a schierarsi “apertamente in prima linea negli anni a venire” perchè si sottolineino i DIRITTI UMANI.

I DIRITTI UMANI VANNO ARRICCHITI DI UN NUOVO CONCETTO: UNA PERSONA CHE NON POSSA FARE DA SE’ HA GLI STESSI DIRITTI/DOVERI DI OGNI ALTRA PERSONA E BISOGNI DIVERSI.

Ma nel diritto c’è una grave lacuna che oggi, alle soglie del 2000, si dovrebbe colmare.

Secondo la legge – dice ill dr. Raffaello Belli – ogni persona ha diritto al mangiare ma alla persona che non può fare da sé non è riconosciuto il diritto all’assistenza personale che questo atto del mangiare garantisca.

Si è sempre pensato che una persona con disabilità, un bambino o una bambina senza genitori, un vecchio signore o una vecchia signora senza danaro e senza famiglia fossero semplicemente “persone sfortunate”.
Non è così, sono persone che hanno bisogno di qualcun altro/a per essere INDIPENDENTI, cioè LIBERE di fare scelte.
Questo qualcuno/a è, ormai in molti paesi del mondo, UN SERVIZIO che si chiama ASSISTENZA PERSONALE.

NON BISOGNA CONFONDERE CIO’ CHE RIGUARDA LA SFERA PRIVATA, FORTUNA O SFORTUNA, CON CIO’ CHE INVECE RIGUARDA LA SFERA PUBBLICA: GARANTIRE UN’ASSISTENZA CHE CONSENTA LIBERTA’ DI SCELTA.

Per esempio: mettermi seduta ogni giorno.

L’ASSISTENZA PERSONALE è realmente la spina dorsale che necessita a molti di noi per fare pienamente parte della società.
E’ CIO’ CHE OCCORRE A ME per la mia INDIPENDENZA e, nel mio caso, l’INDIPENDENZA del mio compagno.
E’ infatti lui, INCREDIBILMENTE, che deve tamponare tutte le falle del S.A.D. (Servizio di Assistenza Domiciliare).
Per esempio: mettermi seduta ogni giorno.

IL S.A.D.

L’attuale S.A.D. sarebbe dovuto nascere per l’emergenza handicap.
Persone che erano sempre vissute negli Istituti o in fami-glia, all’oscuro dei propri desideri, bisogni e diritti avevano urgenza di andare alla ricerca della loro INDIPENDENZA.

E, persone inciampate nella disabilità da adulte, quando già la personalità si era formata armoniosamente – per l’assenza di ogni sabotaggio, blocco o distorsione dovute ad una perniciosa concezione della disabilità – avevano un diritto e un bisogno improvvisi, inderogabili di riprendere a vivere da persone li-bere e indipendenti con l’ausilio dell’ASSISTENZA ALLA PERSONA.

Il S.A.D. nasce, INVECE, come sostegno alla famiglia, non diretto alla liberazione della persona con disabilità, falsando così ogni rapporto, giungendo sostanzialmente a prevaricare e sopprimere la volontà della persona stessa, PER RIDURLA ALLE ESIGENZE DELL’ORGANIZZAZIONE.
Spesso, perciò e per sua natura, il S.A.D. è violento e autoritario per le persone con disabilità.

IO FACCIO PARTE DI QUELLA SCHIERA DI PERSONE CHE, PERDUTA L’AUTONOMIA, SI E’ VISTA DERUBATA DELLA LIBERTA’ DI SCELTA, PUR ESSENDO “ASSISTITA”.
CON LE POCHE FORZE CHE MI SONO RIMASTE, IO MI BATTO E MI BATTERO’ FINO ALLA MORTE, PER VEDERLA RESTITUIRE A ME E, DI CONSEGUENZA, AL MIO COMPAGNO.

IL COMUNE DI ROMA ha fatto molto per creare questo servizio che, però, impone regole funzionali alla sola organizzazione. Non ha dato strumenti di difesa alle persone con disabilità né ha fatto in modo che un adeguato controllo impedisse la gestione autoritaria della vita delle persone con disabilità.

 


Chiedo perciò

1) che il Comune di Roma apra un capitolo di spesa per la VITA INDIPENDENTE delle persone con disabilità che ne faranno richiesta;

2) che sia interrotta la “regia” di cui sono destinataria, per tornare ad essere la sola a decidere della mia vita, ad assumere personale scelto da me e istruito da me.

3) che il servizio di assistenza domiciliare di cui usufruisco dal 1985, si trasformi in SERVIZIO DI ASSISTENZA ALLA PERSONA;

QUESTO PERCHE’:

 


Prima premessa

La mia disabilità consiste in una anchilosi delle articolazioni – dovuta ad artrite reumatoide giovanile – che mi obbligano a star seduta in una particolarissima posizione, semialzata; ad usare una sedia a ruote; a dipendere fisicamente da altri per quasi ogni gesto quotidiano.

Il mio handicap, invece, è l’organizzazione passata e attuale del Servizio di Assistenza Domiciliare (S.A.D.), che mi consente solo una minima parte della semplice sopravvivenza.

Con il denaro speso per me:
a) monte ore assistenza diretta,
b) monte ore assistenza indiretta (riunioni SUL mio CASO – !? – c) corsi professionali ad assistenti, che poi io devo riaddestrare per le mie necessità,
d) altro,

POTREI PAGARE E ASSICURARE LE PERSONE non professioniste che a me occorrono.

A noi, a me, persona con disabilità fisica, non occorrono professionismi che alzano i costi, OCCORRONO BUON SENSO, MANUALITA’, RESPONSABILITA’ – per i tre turni delle 24 ore.

Lo Stato deve, perciò, attraverso l’istituzione dell’ASSISTENZA PERSONALE, dare pari opportunità alle persone che non possono fare da sé.

Da chi non può fare da sé, infatti, non è né giusto né realistico pretendere che guadagni, con certezza assoluta, quanto basta per mantenere se stassa e le/i propri assistenti.

Ormai, quasi nessuna famiglia mononucleare – padre madre un figlio o due – può tirare avanti senza almeno due stipendi. Assurdo pretenderlo da una persona che, da sola, morirebbe.

Io vivo con il mio compagno, che, nonostante l’assistenza domiciliare, o piuttosto a causa della sua pessima organizzazione, è stato costretto a lasciare il suo lavoro, per consentire a me di vivere senza impazzire. Tuttavia né io né nessun altro penso abbia comprato il mio compagno al mercato degli schiavi.

Per me è il mio compagno, per altri può trattarsi di una compagna, della madre, della sorella, della nonna. Generalmente è una donna a cadere nella trappola mortale in cui la persona con disabilità è trattenuta in cattività.

La ricerca del lavoro pagato è già dura e snervante di per sé. Se, poi, la preoccupazione – circa il

1) COME uscire dal letto ogni giorno,
2) CHI possa fare materialmente quel che io decido sia fatto,
3) COME portare a termine quei progetti che qualunque persona ha da affrontare ogni giorno,
4) DOVE, e cioè in quale luogo del mondo.

SE TUTTO CIO’, dicevo, non oltrepassa la soglia della camera da letto, non ho possibilità di sopravvivere libera.

L’alternativa è l’Istituto?
La casa-famiglia?
La comunità-alloggio, che, comunque, mi toglierebbero, anziché restituirmi, privacy e libertà d’azione?

Io sarei sollevata – ma senza il mio consenso – da ogni cura di me secondo scelte mie e lo Stato pagherebbe volentieri molto di più per rinchiudermi che non per farmi vivere libera e, perciò, responsabile.

 


Seconda premessa

Nella disabilità fisica, occorre personale che sappia in ogni momento della giornata COME mettere la persona in condizione di indipendenza nonostante la dipendenza.

NEL MIO CASO:
ciò è possibile se:
1) vi sarà LIBERTA’ DI SCLETA tra me e l’assistente:
2) vi sarà – al contrario di ciò che avviene adesso -CONTINUITA’ NEL FARE; 3) potrò DECIDERE IO LA QUANTITA’ DELLE ORE di lavoro della/le assistenti, poiché io soltanto so cosa mi occorre per fare VITA INDIPENDENTE.

Il lavoro svolto dagli/dalle assistenti con me richiede PRATICA, MANUALITA’, MEMORIA per imparare a conoscere il mio corpo e gli ausili che solitamente uso.

Si può ben immaginare cosa mi accada quotidianamente, poiché proprio in questo, VOLUTAMENTE, il S.A.D. fallisce.

 


Come funziona il S.A.D

Chi è il soggetto tra comune, assessorato, cooperativa che gestisce il servizio, gli/le operatrici, persona con disabilità cui è diretto il servizio?

C’è un principio che informa tutto il Servizio di Assistenza Domiciliare: negare alla persona con disabilità il RUOLO che vuole assumere all’interno della coppia, della famiglia, del gruppo, in fin dei conti nella società in cui vive.
Questo principio si riversa poi in ogni piega del discorso.

LA SCELTA DELL’OPERATORE/TRICE non spetta alla persona con disabilità, spetta alla cooperativa che HA IN AFFIDAMENTO la persona con disabilità. Mentre quest’ultima può ritirare un/una operatrice, con o senza preavviso, la persona con disabilità non può rifiutare alcuno/a senza ricevere dei NO! o, bene che vada, biasimo e giudizi severi sul suo equilibrio psichico.

IL “TURN OVER” è la norma, scelta come protezione psicologica degli/delle operatrici e per coprire una incontrollata libertà d’azione e di movimento degli o delle stesse.

In estate – ma è solo un esempio, perché anche le festività natalizie, pasquali ecc… costituiscono un identico problema – ogni utente che rimanga nel luogo di residenza viene solitamente a trovarsi in uno stato d’emergenza stressante, che può andare dal giugno all’ottobre. Se invece scegliesse la vacanza offerta dal comune, c’è la separazione forzata dal proprio partner.

Il “BURN OUT”, e cioè il punto di rottura psicologica in cui l’ operatore/trice può venirsi a trovare, non è riconosciuto come possibile anche per la persona con disabilità e non è previsto, perciò, tutto quel che occorre alla sua PREVENZIONE E CURA sia per gli/le operatrici che per gli/le utenti.

IL NUMERO DEGLI/DELLE OPERATRICI è molto spesso esorbitante e non si ammette che incida sfavorevolmente sul diritto alla PRIVACY – art. 14 della Costituzione italiana – della persona con disabilità e sull’efficienza del servizio.

IL DIRITTO ALLA PRIVACY è pressoché sconosciuto nel S.A.D. – art. 14 della Costituzione italiana –

Nella vita, nella casa, nel bagno, nella camera da letto, fin dentro il letto di una persona con disabilità possono passare dai/dalle 20 alle 100 operatrici l’anno. Impossibile mantenere una qualsiasi privacy in mezzo a tanta folla.

Sono poi previste riunioni di addetti ai lavori per parlare del “caso”. In queste riunioni la presenza dell’utente non è prevista ed è semisconosciuto il limite tra caso clinico e privacy.
Infine nessuna regola, nessun insegnamento, nessuna etica impedisce agli/alle operatrici di parlare liberamente e ovunque dei fatti privati della persona con disabilità. Tutto sembra rientrare nel “caso”.

LA QUANTITA’ DI ORE – o monte ore – non viene stabilita dalla persona con disabilità in base ai propri bisogni, ma dall’Assessorato ai Servizi sociali, secondo una acritica disponibilità di fondi e, soprattutto, senza la distinzione tra assistenzialismo e assistenza dovuta E NON TENENDO CONTO DELL’ INVIOLABILITA’ DI QUESTI DIRITTI, SANCITI DALL’ART. 2 e 14 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA.

LA PARI PROFESSIONALITA’ è la formula magica cui il S.A.D. ricorre, per ovviare ai problemi – dovuti ad un forsennato “turn over”, gravi almeno quanto la disabilità stessa.

Ma non esiste nessuna “pari professionalità” per le persone con disabilità fisica, poiché tutto quel che c’è da sapere lo si deve imparare DALLA stessa p.c.d., NEL LUOGO che la p.c.d. ha scelto per sua residenza, NEL MODO che la p.c.d vorrà indicare.

NESSUN, NESSUNA SOSTITUTA PUO’ SAPER FARE BENE una SOLA COSA di cui HO BISOGNO IO, MIRIAM MASSARI, con QUESTA DISABILITA’ e NON un’ALTRA, in QUESTA VITA SCELTA da me e NON un’ALTRA.

 


Come funziona l’assistente alla persona

“Se lasciamo la definizione ed il controllo di questi servizi agli altri, questi proporranno dei servizi che riflettono la loro nozione di “che cosa SEMBRA un disabile” e delle soluzioni che rispondono ai bisogni delle burocrazie vigenti invece che ai nostri bisogni”.- Adolf Ratzka, membro di Enil (European Network on Independent Living) e fondatore di “STIL”, cooperativa di Stoccolma per la Vita Indipendente.

Se, con l’Assistenza Domiciliare, la persona con disabilità si trova a vivere UNA VITA AD OROLOGERIA, con il SERVIZIO DI ASSISTENZA PERSONALE torna ad essere REGINA DEL SUO REGNO.

Il soggetto è la persona con disabilità e l’altro soggetto sarà il/la lavoratrice. Il comune sarà l’istituzione erogatrice di un finanziamento per la VITA INDIPENDENTE delle persone con disabilità, anche in ottemperanza con:
1) la risoluzione di Strasburgo delle persone con disabilità.
2) la Costituzione italiana.
3) le indicazioni della CEE.
4) le indicazioni ONU.

L’ASSISTENZA PERSONALE prevede che lo Stato in generale, in particolare il comune di cui faccia parte il/la richiedente, preveda un capitolo di spesa dedicato alla Vita Indipendente delle persone che, non potendo fare da sé, abbiano bisogno del supporto di una o più persone per fare tutte quelle cose che chiunque altro fa da solo o da sola, e che la stessa persona con disabilità farebbe se MESSA NELLA CONDIZIONE DI FARE.

LA PERSONA CON DISABILITA’ riceverà, quindi, dal comune, una somma da stabilire e che cambierà a seconda delle necessità della persona con disabilità.

LA PERSONA CON DISABILITA’ assumerà, per le proprie necessità, il personale necessario e risponderà con ricevute che dimostrino il reale impiego del danaro pubblico.

LA PERSONA CON DISABILITA’ potrà così pagare familiari, amici o amiche, vicini o vicine di casa, personale reperito con inserzioni o altro metodo liberamente scelto e da “FARDELLO” si trasformerà, come per incanto, in PERSONA, da ranocchio in Principe o Principessa.

LA PERSONA CON DISABILITA’ sarà libera di fare progetti, assu-mere personale adatto alla bisogna e operare, sia che si tratti di alzarsi dal letto e raggiungere il tinello, che – come Franklyn Delano Roosvelt o Cristoforo Colombo – alzarsi dal letto e raggiungere la Casa Bianca o “le lontane Americhe”.

Forse tutti sanno della disabilità di Roosvelt, ma pochi sapranno che Cristoforo.Colombo era affetto dalla mia stessa artrite reumatoide e, dal suo diario, si sa che s’era fatto costruire una stanza sul ponte della nave e da lì dava ordini, indiceva riunioni, riceveva e mandava messagi.

Non credo che sarebbero andati oltre la soglia del loro quartiere, se si fossero dovuti accontentare dell’assistenza domiciliare o del volontariato, LA CUI COMUNE CARATTERISTICA E’ IL DARE DIRETTIVE ALLA PERSONA CON DISABILITA’ E L’IMPORRE ORARI E “TURN OVER” CHE UCCIDONO IL COPRO E LO SPIRITO.

LA PERSONA CON DISABILITA’, usando il servizio di assistenza alla persona, può Restare, Andare e Tornare a piacimento se avrà avuto cura di inserirlo in un libero contratto col personale assunto, perché:

 

“L’assistente personale non determina la vita della persona con disabilità, né parla a suo nome. Semplicemente esegue i compiti che la persona con disabilità è impossibilitato a compiere a causa della sua disabilità”.
– Kalle Konkolla, Finlandia –

LA PERSONA CON DISABILITA’ potrà andare in vacanza con il/la propria assistente personale, separandosi, per scelta, dai loro parenti, marito, moglie ecc. Potrà andare a vivere per proprio conto, sevorrà, quando avrà raggiungiunto la maggiore età.

Così che sia il Ministro Antonio Guidi sia il sindaco di Roma Francesco Rutelli, ed altri – parlando, ad esempio, del problema della prima casa per le giovani coppie – potranno includere, nella loro mente, le persone con disabilità, che per ora sono relegate al recinto “handicap”.

Detto tutto ciò, passo a fare:

 


RICHIESTA UFFICIALE DI ASSISTENZA PERSONALE

Io sottoscritta Miriam Massari, nata a Roma il 7 novembre 1937 ed ivi residente – in Via Diego Angeli 6-8 – CHIEDO che mi venga riconosciuto il mio diritto ad una VITA INDIPENDENTE e che, per ciò, la convenzione attuale, tra comune e cooperativa di servizi, divenga una convenzione diretta, tra comune e me, sapendo che i miei bisogni esistono 24 ore su 24 – in tre turni di 8 ore ciascuno – per 7 giorni la settimana, pari a tre stipendi correnti + assicurazione.

Miriam Massari

 


Chiudo con le parole di Kalle Konkolla

“Ci riappropriamo di noi stessi sfidando la posizione di monopolio dei professionisti. Enil si distingue per questo dal Disable People International (D.P.I.). – Spesso le persone ci vedono come dipendenti da esperti il cui lavoro è “curare” o, almeno, riabilitare. Ci sottopongono ad operazioni, cure e terapie in modo da renderci conformi a norme che altre persone hanno stabilito per noi. Più disabili siamo, più malati siamo, di maggior training necessitano le figure professionali preposte a “prendersi cura di noi”. E più training significa più status e in ultimo retribuzioni più alte. Perciò i professionisti hanno un incentivo economico a dipingerci come molto malati e dipendenti. Noi siamo stati educati a credere che un dottore o un/una assitente sociale fosse la persona più qualificata a prendere decisioni che riguardavano la nostra vita. Più potere attribuiremo a quella persona in camice bianco e meno crederemo alla nostra forza. Noi abbiamo bisogno di essere realistici sulle cose che le altre persone possono fare PER noi e sulle cose che noi possiamo fare per noi stessi”.

 


N. 3 allegati
1) Curriculum vitae;
2) Risoluzione di Strasburgo 1989;
3) Dichiarazione dei redditi.


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